La Lega dei Musulmani in Ticino

Associazione islamica e centro culturale a Lugano (CH)

Surah Al-Fatiha (L'Aprente)

202
3
بِسۡمِ ٱللَّهِ ٱلرَّحۡمَٰنِ ٱلرَّحِيمِ

In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso

Rivelata

Mecca

Versi

7

Nome

Questa Sura si chiama Al-Fatihah a causa del suo argomento. Fatihah è ciò che apre un argomento o un libro o qualsiasi altra cosa. In altre parole, Al-Fatihah è una sorta di prefazione.

Periodo della Rivelazione

La Sura Al-Fatihah è una delle primissime Rivelazioni al Santo Profeta. È un dato di fatto, apprendiamo dalle tradizioni autentiche che fu la prima Sura completa che fu rivelata a Maometto (la pace di Allah sia su di lui). Prima di ciò, furono rivelati solo pochi versi vari che formano parti di Alaq, Muzzammil, Muddaththir, ecc.

Tema

Questa Sura è infatti una preghiera che Allah ha insegnato a tutti coloro che vogliono fare uno studio del Suo libro. È stata posta all’inizio del Corano per insegnare questa lezione al lettore: se vuoi sinceramente trarre beneficio dal Corano, dovresti offrire questa preghiera al Signore dell’Universo.

Questa prefazione vuole creare nel cuore del lettore un forte desiderio di chiedere guida al Signore dell’Universo, che solo può concederla. Così Al-Fatihah insegna indirettamente che la cosa migliore per un uomo è pregare per avere una guida sulla retta via, studiare il Corano con l’atteggiamento mentale di un ricercatore che cerca la verità e riconoscere il fatto che il Signore dell’Universo è la fonte di ogni conoscenza. Dovrebbe, quindi, iniziare lo studio del Corano con una preghiera rivolta a Lui per ricevere guida.

Da questo tema risulta chiaro che il vero rapporto tra Al-Fatihah e il Corano non è quello di un’introduzione a un libro ma quello di una preghiera e della sua risposta. Al-Fatihah è la preghiera del servo e il Corano è la risposta del Maestro alla preghiera del servitore. Il servo prega Allah di mostrargli la guida e il Maestro gli mette davanti l’intero Corano in risposta alla sua preghiera, come per dire: “Questa è la guida che mi hai chiesto”.

1:1

بِسۡمِ ٱللَّهِ ٱلرَّحۡمَٰنِ ٱلرَّحِيمِ ١

“In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso.”

Questa formula si chiama Basmala e si trova all’inizio di tutte le sure del Corano eccetto la sura IX. Essa ha una funzione sacralizzante e, al contempo, costituisce un’invocazione ad Allah (gloria a Lui l’Altissimo) affinché accetti l’azione che segue.

Tabarî cita una tradizione riferita da Ibn ‘Abbâs (che Allah sia soddisfatto di lui) secondo la quale le prime parole che Gabriele (pace su di lui) rivolse a Muhammad (pace e benedizioni su di lui) furono: «Di’: mi rifugio in Allah, l’Audiente il Sapiente, contro Satana il lapidato. Di’: bi-smi-Llâhi r-Rahmâni r-Rahîm».

La Basmala è composta di due parti, la menzione del Nome divino «bi-smi-Llâhi» (in nome di Allah) seguita da due delle qualità o attributi con i quali Allah Stesso (gloria a Lui l’Altissimo) ha voluto che Lo identificassero i Suoi servi: «ar-Rahmân, ar-Rahîm» (il Compassionevole, il Misericordioso). Pronunciando la prima parte della Basmala il musulmano dice «comincio la lettura nominando Allah». Prosegue poi nominando i due aggettivi «Rahmân» e «Rahîm», che derivano dallo stesso verbo che significa fare misericordia.

Ci sono molti pareri a proposito della differenza tra questi due Nomi e interi saggi sono stati scritti in merito. Come accade sempre di fronte alla Grandezza dell’Altissimo (gloria a Lui) la scienza e la conoscenza umana non sono mai esaustive. Dovendo comunque proporre una traduzione, abbiamo accettato l’opinione di chi ritiene che «ar-Rahmân» indichi la caratteristica divina di aver compassione per il creato (e abbiamo tradotto con «il Compassionevole»), moto che genera la misericordia per il creato stesso (e abbiamo reso «ar-Rahîm» con «il Misericordioso»).

Preghiamo Allah (gloria a Lui l’Altissimo) che voglia usarci di queste Sue eccelse qualità, perdoni la nostra inadeguatezza ed accetti il nostro sforzo. Amin.

1:2

ٱلۡحَمۡدُ لِلَّهِ رَبِّ ٱلۡعَٰلَمِينَ ٢

“La lode [appartiene] ad Allah, Signore dei mondi,”

«La lode [appartiene] ad Allah»: disse l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): «Non c’è niente che Allah ami più che la lode a Lui, per questo Si è lodato da Se Stesso dicendo “al-hamdu li-Llâh”». La formula di cui Si serve Allah (gloria a Lui l’Altissimo) significa «tutte le lodi appartengono ad Allah», Egli è l’Unico degno di essere lodato.

«Signore dei mondi.»: Il plurale cui si applica la Signoria divina ha dato impulso a molte interpretazioni. Secondo Ibn ‘Abbâs si tratta del mondo dei jinn e di quello degli uomini. Altri parlano di mondi angelici e mondi terreni, altri ancora ne traggono spunto per ipotizzare l’esistenza di altri mondi abitati al di là delle nostre attuali conoscenze.

1:3

ٱلرَّحۡمَٰنِ ٱلرَّحِيمِ ٣

“il Compassionevole, il Misericordioso,”

1:4

مَٰلِكِ يَوۡمِ ٱلدِّينِ ٤

“Re del Giorno del Giudizio.”

«Re del Giorno del Giudizio»: il Giudizio finale di tutti gli uomini, successivo alla loro resurrezione, è uno dei fondamenti della dottrina islamica. In quel Giorno ognuno sarà retribuito per la sua vita terrena (altra traduzione: il Giorno della Retribuzione).

1:5

إِيَّاكَ نَعۡبُدُ وَإِيَّاكَ نَسۡتَعِينُ ٥

“Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto.”

«Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto»: l’adorazione spetta ad Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e solo a Lui, e alla stessa maniera la richiesta di aiuto deve essere rivolta a Lui solo.

1:6

ٱهۡدِنَا ٱلصِّرَٰطَ ٱلۡمُسۡتَقِيمَ ٦

“Guidaci sulla retta via,”

«Guidaci sulla retta via»: dopo la lode, il riconoscimento della Sua Signoria sui mondi e sul Giudizio e la dichiarazione di massima sudditanza che si concretizza nell’adorazione e nella rinuncia a qualsiasi altro patrono che Allah Stesso, l’uomo chiede al Suo Signore (gloria a Lui l’Altissimo) che gli conceda una guida sulla retta via, un sistema dottrinario, spirituale e legale che lo conduca attraverso questa prova terrena fino al premio dell’Altra Vita.

1:7

صِرَٰطَ ٱلَّذِينَ أَنۡعَمۡتَ عَلَيۡهِمۡ غَيۡرِ ٱلۡمَغۡضُوبِ عَلَيۡهِمۡ وَلَا ٱلضَّآلِّينَ ٧

“la via di coloro che hai colmato di grazia, non di coloro che [sono incorsi] nella [Tua] ira, né degli sviati”.

In questo ultimo versetto è contenuta l’affermazione che già prima della rivelazione del Corano la misericordia dell’Altissimo era operante tra gli uomini, producendo comportamenti fortemente illuminati dalla fede e guidati dal timor di Allah (gloria a Lui l’Altissimo). Secondo un commento di Ibn ‘Abbâs (che Allah sia soddisfatto di lui) «coloro che hai colmato dei Tuoi doni» sono i Sinceri (siddiqûn), quelli che hanno avuto il martirio testimoniando la fede (shuhadâ) i Devoti (salîhûn).

«quelli che [sono incorsi] nella [Tua] ira»: tutta l’esegesi classica, ricollegandosi fedelmente alla tradizione afferma che con questa espressione Allah (gloria a Lui l’Altissimo) indica gli ebrei («Yahûd»).

A questo proposito sarà bene precisare che nel Corano troviamo tre diversi modi di identificarli: 1) Banî Isrâ’il (Figli di Israele), nel senso di discendenti di Giacobbe (detto anche Israele), destinatari della Legge rivelata a Mosè (pace su di lui); 2) «alladhîna hâdû» (quelli che si sono giudaizzati) e cioè quelle popolazioni diverse dai discendenti di Giacobbe, che hanno abbracciato la religione israelita, e 3) «yahûd» (da Giuda figlio di Giacobbe).

«gli sviati»: sulla base di alcuni ahadith autentici dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), l’esegesi classica ritiene che costoro siano da identificare nei cristiani che accettando il dogma trinitario si sono allontanati dalla purezza monoteistica.

Secondo eminenti commentatori, tra cui Fakhr-d-Dîn ar-Râzi (m.606h/1210), l’espressione avrebbe un più ampio e generale significato e si riferirebbe ad ogni anima perversa e corrotta, negatrice della verità e miscredente.

Tra i tentativi di esegesi contemporanea riportiamo quello di Alberto Ventura (A. Ventura, Commento alla Fatiha, Marietti, Genova 1992), che articola in senso più psicologico-morale l’identificazione dei due gruppi: «Se è dunque evidente chi siano i beneficiari della grazia divina, non vi è accordo fra gli interpreti sull’identificazione di “quelli coi quali sei adirato” e di “quelli che vagano nell’errore”. Svariati commenti identificano queste due categorie rispettivamente con gli Ebrei e i Cristiani, e ciò in base a due altri passaggi coranici (V, 60 e V, 77) che, a nostro avviso un po’ forzatamente, sono stati considerati decisivi al riguardo. Questi versetti parlano infatti di genti con le quali Dio si è adirato (ghadiba ’alayhi) o che hanno vagato erranti (qad dallû), ma è in realtà difficile riferirli ad Ebrei e Cristiani nel loro complesso e non piuttosto a particolari gruppi sorti in seno alla Gente del Libro. È quindi più probabile, come molti hanno sentito, che non ci si voglia qui riferire a particolari professioni religiose – il che, fra l’altro, indebolirebbe alquanto la forza di questa preghiera – ma che l’intenzione sia piuttosto quella di prendere le distanze da due tipologie di peccato spirituale, da due atteggiamenti umani che sono in contrasto con il percorso della retta via».

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